Francesco Marchianò

Psicologo, psicoterapeuta

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Allo Specchio

Anni di vita vissuta e lavoro con le famiglie adottive mi hanno permesso di scrivere in prima persona. In tutta onestà non avrei saputo scriverlo in altro modo. Le sensazioni che mi attraversano e che provo sono quelle che scrivo.

Grazie a tutte le famiglie che mi hanno permesso di capire e condividere

Essere famiglia

Si non ci assomigliamo e allora? Questi sono i miei figli, i figli che ho voluto, ho cercato, aspettato e desiderato ogni giorno. Sono i miei figli e basta. Li guardo nelle fattezze, nella loro bellezza, nella diversità e penso, che famiglia siamo! Non è proprio come l’avrebbe immaginata mio padre o mia madre e sorrido! Mi rendo conto che siamo il presente ed anche il futuro, siamo coloro che rappresentano il mondo nel suo continuo mutamento. Penso a chi ci guarda per strada, so perfettamente che cosa guardano, però ogni respiro, ogni attimo che passa mi accorgo che non posso più a mia volta guardarli, non possiamo più soffermarci a notare gli sguardi curiosi, non possiamo più permettercelo. Non potremo mai controllare il pensiero di chi ci sta intorno, e se devo dire la verità non mi interessa. Non voglio più sapere cosa pensa chi non è attento alla vita, a quella vera.

Con loro

Quanto vivo ogni giorno aiuta a connettermi con ciò che ho bisogno di conoscere meglio, la vita dei miei figli, la complessità dei loro pensieri, la loro fragilità di quando erano neonati, che non ho conosciuto che riesco comunque a sentire. Voglio stare accanto a loro, anche mettendomi un po’ da parte se necessario, non potrò e non vorrò mai  perdere il contatto.

Siamo una famiglia diversa, ma diversa da chi, da che cosa? C’è una famiglia che potrebbe considerarsi più famiglia di noi? Se lo si dovesse pensare, avrei bisogno di sapere perché? Ho tanta tenerezza dentro di me che vorrei darne un po’ a chi non vede che se stesso riflesso. Io posso essere la sua immagine, un’immagine che non ripete fedelmente i suoi movimenti, ma può farne scoprire di nuovi e mostrare quanto più plastici possiamo essere noi genitori di figli che abbiamo adottato. Quante volte, un genitore biologico ha pensato, ha fatto congetture, e poi ci  ha guardato meglio e si è reso conto che non c’era nulla di diverso, ora siamo amici e ci arricchiamo reciprocamente delle nostre esperienze.

I complimenti

Quante volte ci hanno osservato e senza capire hanno parlato bene di noi, troppo bene, differenziando, rinunciando, così, ad avere un vero rapporto. Fa male essere guardati a distanza, essere pensati, essere oggetto di congetture, ipotesi varie. Fa male perché così si è persa un’occasione per entrambi di stringere amicizia, di mostrarci le fragilità di essere genitori in un percorso con figli che crescono e mutano continuamente. Vedi noi abbiamo delle diversità strutturali da voi, abbiamo una storia prima ed una storia attuale che deve includere entrambe. Siamo diversi perché le storie fra noi ed i nostri figli sono state separate per un certo tempo, ed anche se, in alcuni casi, si è trattato di giorni, c’è stata la presenza di altri genitori, della mamma, nostro figlio era stato generato prima che si generasse il nostro incontro con lui. Non è una cosa che si dimentica, non si può.

Ti spiego perché

Puoi immaginare, amico genitore, quanto sarebbe importante per me sapere che non pensi nulla di speciale, che ascolti soltanto, che l’unica cosa che ti interessa è conoscerci. Siamo, come tutte, una famiglia composta da individui, uno diverso dall’altro, puoi avere un rapporto con ognuno di noi e con tutti noi insieme, ti abituerai a vedere differenze che uniscono. Mi piacerebbe raccontarti la nostra storia, quella che ci accomuna e anch’io vorrei sapere la vostra. Forse io ho più bisogno di te di raccontarla. Il bisogno nasce forse dal fatto che i miei figli si troveranno a spiegare una, dieci, cento volte la loro storia e a volte a loro non andrà proprio di condividere cose private, eppure lo dovranno fare, perché sono sicuro che qualcuno sempre chiederà. Si dovranno rapportare con i loro paesi di nascita o con le loro origini non a molti chilometri da dove vivono oggi. Pertanto ho bisogno di sapere se mi sei amico, se puoi comprendere la nostra storia e, sono sincero, se tu comprenderai mi sentirò più al sicuro. Ho bisogno che i miei figli sappiano che hanno ed avranno in te e magari nei tuoi figli un punto di riferimento come i tuoi figli lo avranno in noi. Mi piacerebbe pensare che se mia figlia o mio figlio hanno bisogno di una persona amica a cui parlare della propria storia in modo diverso da come lo fanno con me troveranno dei coetanei disposti ad ascoltarli con rispetto.

Inclusione

Vorrei pensare che per i miei figli entrare a far parte della nostra famiglia, della nostra coppia, sia stato anche entrare a far parte di una società dove si vive bene, si è accolti, pensati, cercati, per come si è. Se posso credere in questo allora noi genitori ancor di più ce la metteremo tutta per indicare la strada, per essere un modello da seguire. Accoglieremo, sentendoci accolti, le difficoltà dei nostri figli con maggiore forza e determinazione per aiutarli ad un futuro migliore. Faremo conto sul genitore del compagno di classe, sugli insegnanti, su una conoscenza maggiormente diffusa dell’adozione e sulla possibilità di elaborare un abbandono per un bambino. Spesso non bastano le nostre rassicurazioni, è vero che siamo genitori, però è capitato e capita che siamo anche noi persone nuove, già va a scuola e sta ancora conoscendo le abitudini della sua nuova vita. E’ scioccato dal nostro potere su di lui, lo abbiamo portato con noi, sradicato dalla sua terra nativa e dalle sue abitudini. E’ entrato nella nostra vita molto di più di quanto noi siamo entrati nella sua. Io non voglio dire che i figli adottati sono speciali, però come si fa a pensare che non lo siano.

Il dono alla famiglia della scuola

Quando un insegnante, si abbassa per guardare negli occhi nostro figlio, quando lo guardanon per osservarlo, ma piuttosto per farsi guardare, per sentirlo con tutti i suoi sensi e a sua volta farsi sentire, respirare, per noi quell’insegnante rappresenta l’intero pianeta che parla la sua voce più dolce. Quando gli insegnanti e i genitori dei suoi compagni non si spaventano perché nostro figlio è irruento, (a volte lo è solo perché ha compreso la metà delle parole che si dicono in classe), noi prendiamo coraggio. Ci permette di collaborare ad un efficace piano di inclusione di nostro figlio e degli altri bambini che ne hanno bisogno. Se c’è una cosa che un genitore adottivo sa è che ha bisogno di confronto, di aiuto, condivisione. Ciò che avrebbero bisogno tutti i genitori del resto.

L’Ascolto

Quindi ben vengano proposte che partano dall’ascolto e non dal come dovrebbe essere. E’ proprio quest’ultima frase che spaventa noi genitori adottivi, forse l’avevamo anche noi in testa, il come sarebbe dovuto essere, poi abbiamo conosciuto loro, i nostri figli in carne ed ossa e la nostra mente, ancor prima di incontrali si è dovuta adeguare, ha dovuto accogliere altre informazioni, altri elementi a cui non si era mai pensato e cui era necessario far assolutamente riferimento. Si è profilato dinnanzi un orizzonte più ampio. Abbiamo da subito capito che è necessario, capire osservare, farsi passare dentro quanto succede ai nostri figli, distaccarsene quel tanto che basta per vederli meglio con l’unico scopo di entrare in sintonia e fare l’unica cosa di cui hanno bisogno accoglierli ed amarli nel rispetto reciproco.

L’insegnamento come (non) dovrebbe essere

Quante volte succede che un’insegnante, subentrato nel percorso formativo di un ragazzo, ne sconvolga significativamente la vita? Spesso cambiano fortemente gli equilibri fra lui o lei e la scuola, ed i motivi sono dovuti ad una mancata esplicitazione, da parte del docente, di aspettative diverse, magari più performanti di quelle che gli venivano richieste precedentemente. Ciò determina un mutamento nel modo di approcciare allo studio e per l’alunno può risultare estremamente disorientante. Inoltre, è frequente che lo sconvolgimento del metodo di insegnamento e di valutazione non sia accompagnato dal giusto tempo per il necessario adattamento.

La relazione al centro

E’ importante riconoscere il valore di insegnanti più pretenziosi, però, allo stesso modo ritengo che sia altrettanto doveroso garantire loro un sostegno e una formazione adeguati che mettano al centro la relazione con gli alunni.

Spesso chi è centrato sul proprio mandato tende a rapportarsi ai propri discenti considerando come fondamentale e centrale il compito. Purtroppo, si è constatato che in molti casi questo modo di interpretare la professione dell’insegnante ha un limite ed una forte componente discriminante, se viene portato avanti senza dare la giusta valenza alla relazione.

Insegnanti allo specchio

Molti insegnanti dimenticano la loro infanzia, la loro giovinezza, le loro fragilità passate e presenti quando sono in classe. Viene a mancare così, la possibilità di immedesimarsi e di cercare il metodo per favorire la motivazione che è alla base dell’apprendimento. E’ come se ci si dimenticasse che il ruolo dell’insegnante è anche di ascolto, con una valenza umana dove, essere modello di riferimento per gli alunni rappresenta uno delle funzioni più importanti per invogliarli ad apprendere. Se mancano queste caratteristiche, il docente dovrebbe domandarsi perché si trova in una classe con tutti quei ragazzi. E’ bene conoscere le regole di funzionamento di un gruppo affinché possa essere uno strumento per acquisire nuova conoscenza.

L’insegnante che non cura le relazioni, non potrà mai rendersi conto delle caratteristiche e differenze dei singoli studenti, quindi non riuscirà mai a valorizzare le diversità all’interno della sua classe. Viene a mancare proprio il gesto, l’accoglienza, il farsi catturare dai ragazzi, che pur assetati di sapere possono essere incostanti e hanno bisogno di essere compresi, un po’ tollerati e accolti. Così non si perderanno nel complesso e continuo mutamento che vivono nella crescita.

Gli insegnanti di cui parliamo, quelli solo rigorosi, spesso hanno paura, non possono permettersi di ‘mischiarsi’ con i loro alunni, devono rimanere ad una certa distanza, una distanza di sicurezza imposta probabilmente dalla propria storia personale, più che dal ruolo. La strada proposta è quindi l’impegno, studiare, andar bene alle interrogazioni, dimenticando la trasformazione che la scuola ed il mondo del lavoro stanno vivendo.

E i genitori?

Esiste una connessione fra i genitori desiderosi di inorgoglirsi dei risultati dei figli e i docenti severi e pretenziosi. Questi ultimi sanno di essere cercati, ambiti e hanno spesso una considerazione importante fra alcuni genitori. E’ anche vero che ogni anno che passa, il loro metodo vacilla e solo quelle madri e quei padri che non vedono né la complessità, né la vera ricchezza dei propri figli, sono lì a sostenerli.

Quando i voti si confondono con l’identità degli studenti

I voti intaccano significativamente l’identità degli alunni. Quando non vengono utilizzati per fini educativi/evolutivi, ma solo come misurazione di una prestazione, può essere etichettante e non stimolante.

Un voto ha un potere relazionale immenso, entra in casa di ogni alunno, influenza il suo rapporto con i genitori, cambia e condiziona fortemente le relazioni familiari, determina differenze nel gruppo dei pari. Il voto non è un metro di misura in mano all’insegnante, bensì dovrebbe essere un’opportunità per far capire e per incoraggiare ad un impegno maggiore. Più di un ragazzo intervistato assicura che un brutto voto non è mai stato di stimolo. Non si dovrebbe mai assegnare un voto ad un alunno senza spiegarlo, né in assenza di una relazione significativa, almeno non nella scuola, non nel luogo dove i bambini e ragazzi sono i protagonisti.

Cosa accade quando manca la relazione?

Purtroppo, spesso lo spazio si chiude intorno ai ragazzi inconsapevoli di una rete a maglie strette che li intrappola e da cui è difficile scappare. Coloro che soffrono di più sono quelli alla ricerca di un’identità vera e bisognosi di essere visti. Vivono e faticano ad accettare una dimensione di vita fatta di dinamiche intrise di logiche adulte, dove ancora la media dei voti mortifica la complessità dell’individuo e della sua crescita.

Tutto questo conferma obiettivi che la scuola si è data in cui è mancata la mediazione con il sapere dei discenti e l’ascolto delle loro esigenze. Il sapere, quello spontaneo e felice, che dà respiro, spesso non è contemplato come competenza. I pensieri più originali vengono trascurati, tralasciati perché non coerenti con quanto ritenuto importante nella scuola.

Eccolo qui, in scena ancora una volta sul palco, l’adulto, e i giovani dietro le quinte ad elaborare nuove scenografie e ad inventare dialoghi più originali. Uno spettacolo nello spettacolo che ribalta progressivamente le logiche e chiede un pubblico diverso, più attento e partecipe.

Nella vita la libertà è importante così come lo sono anche le regole, poiché il nostro spazio libero termina ove inizia quello dell’altro e ciò deve rappresentare una regola per crescere nel rispetto reciproco tra esseri viventi. 

(Maria Montessori)

La citazione di Maria Montessori rappresenta uno dei pensieri fondanti del suo lavoro e bene si adatta al come dovrebbe essere la relazione tra alunni e insegnanti.

Photo credits: Wikipedia

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