Partecipazione ad un articolo di Sara Leo pubblicato su Adozione in corso un articolo di Sara Leo dedicato alla genitorialità.

Quando aspettavo di diventare mamma non avevo mai pensato ai giochi che avrei fatto con mio figlio. Né se fosse stata femmina, né se fosse stato maschio. Oggi sono felicemente mamma di un ometto vivace e faccio sfrecciare macchinine per tutta la casa, faccio corse in ogni dove e invento mirabolanti avventure per auto da corsa parlanti. Insieme a mio marito giochiamo a fare i giudici di gara, poliziotti e furfanti a turno, nascondino, uno due tre stella e così via.  Insieme a noi c’è naturalmente nostro figlio, un vulcano a forma di bambino in continuo movimento. Se non sono gare della sua rossa fiammante, è una gara con mamma o acrobazie con papà e molto altro.

Quest’anno ha iniziato ad andare in palestra, come la chiama lui e l’insegnante ci ha fatto notare quanto sia un bimbo molto veloce in tutto, dal movimento, al linguaggio, al pensiero. Le emozioni, soprattutto la felicità e la frustrazione, spesso vengono inghiottite da questa velocità che trasforma tutto in movimento.

Rallentare

Stiamo imparando a rallentare e a dare un nome a quelle emozioni così difficili da spiegare. Soprattutto noi, mamma e papà, cerchiamo di mettere in pratica quello stare in contatto tutti e tre, necessario per costruire giorno dopo giorno il nostro noi.

A volte quando la forza di accelerazione è troppo forte, proviamo a moderare la velocità costruendo torri o garage per le macchinine, colorando o scoprendo pian piano i giochi di società noi tre insieme, ma soprattutto leggendo. Sì perché i libri ci riservano grandi avventure da leggere e da ascoltare, mentre lui attorciglia le sue dita nei nostri capelli per accoccolarsi e godere di quella lentezza che ci fa rallentare insieme.

E se questa bella sensazione venisse ricreata anche nei momenti in cui avvertiamo il sopraggiungere di quella spinta di accelerazione?

La parola allo psicologo

Ecco cosa ci dice in merito lo psicologo psicoterapeuta, dott. Francesco Marchianò, esperto di genitorialità e adozione.

“E’ legittimo per la mamma e il papà cercare di far rallentare il proprio bambino. Ricercare stratagemmi, la costruzione di garage dove sostare, è interessante sentirlo. A volte si riesce ed il gioco insieme diventa divertente e costruttivo per tutti i partecipanti, a volte non è così facile. L’irruenza non si placa ed i genitori sono in difficoltà. In questo caso parliamo di velocità che non consentono il confronto, che non danno la possibilità di guardarsi. Sono velocità, quelle, dove non si corre insieme, bensì ci si insegue.

Quando si ha veramente bisogno di scappare, non servono strategie creative, è troppo allettante, fra l’altro, per chi ha bisogno di correre fare lo slalom”.

“Ogni giorno fuori e dentro casa bisogna portare avanti una moltitudine di cose, più di quanto il tempo, finito di lavorare consente. In questa corsa, però, è assolutamente importante trovare il tempo per guardarsi. Come dicevamo, quando un bambino ha il desiderio di correre, non è sempre possibile fermarlo, non ha voglia di guardare nessuno. Si carica di energia, per motivi, che spesso sfuggono ai genitori. A scuola, con gli amici, mentre si fa sport, succedono tante cose che possono cambiare l’umore. Spesso un bambino non riesce subito a parlare quando gli è capitato qualcosa di spiacevole. Come se avesse un meccanismo a molle si carica silenziosamente per poi scattare, correre, dare fastidio, non si capisce il perché, a volte. L’energia accumulata, la trasforma in azione. Il solo desiderio, è di scappare via, fermandosi qualche decimo di secondo, unicamente per accertarsi che i genitori lo seguano con lo sguardo.

Non si potrà mai aiutare un bambino, se non capiamo i bisogni dell’adulto che è accanto a lui. Bisogna anche prendersi cura dei genitori. Non è raro, che un papà ed una mamma possono, avere un disagio, una difficoltà nella comunicazione. Sono eroici, a volte nei loro sforzi di sembrare sereni, per rassicurare i loro bambini. Questi sforzi, alla lunga, non premiano mai.

E così succede che, un genitore sovraccarico di pensieri, preoccupazioni, sia distratto e non sintonizzato e determini lui stesso un inasprimento della situazione.

Dobbiamo essere consapevoli, come genitori, che se insistiamo nel mettere da parte i nostri problemi, senza volerlo li carichiamo sui nostri figli. Mentre i bambini si scoprono e rivelano in qualche forma ciò che provano, la corsa è uno dei modi, l’adulto rimane immobile e diventa severo con se stesso e con gli altri. Il motivo che spinge entrambi è lo stesso, non sapere cosa fare ed evitare il confronto.

Il vissuto dei bambini passa nella vita dei genitori in maniera invisibile, basta un’espressione, un movimento veloce e la mamma ed il papà sono in allarme. Questo in qualsiasi famiglia.

Per aiutare bisogna sapersi aiutare, saper distinguere fra il proprio bisogno e quello dei figli. Per gestire le cose le intenzioni devono essere sincere, mai strumentali finalizzate al calmare l’umore dei piccoli. Ai bambini piace la sincerità”.

Genitori in gioco

A volte commettevo l’errore di fermarmi a decifrare comportamenti come fossero dei rebus, forse a volte capita ancora. Eppure mi accorgo sempre di più che nella quotidianità ciò che fa la differenza sia l’accogliersi reciproco e con rispetto e che questo influisce positivamente sullo stare bene, sul riuscire a sintonizzarsi e a crescere insieme. E’ bello rendersi conto che ognuno di noi tre può essere nutrimento per la nostra famiglia ed in modo naturale.

Con nostro figlio stiamo riscoprendo il linguaggio delle emozioni. Io prima di diventare mamma non ci avevo mai pensato, non credo nemmeno sia stato il diventarlo con l’adozione a far accendere la lampadina. Credo più che altro faccia parte dell’essere genitori che invita a mettersi in gioco, riservando l’opportunità di imparare sempre cose nuove. Il rallentare per ascoltarsi, il tollerare per comunicare meglio e il divertirsi perché le risate sono perfette sia con la velocità che con la lentezza.